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Ex società di Dell’Utri dietro la frode sull’Iva per la pubblicità in Rai
CI SONO le società attraverso le quali transitavano i fondi neri di Marcello Dell’Utri dietro alla maxifrode fiscale nella vendita di spazi pubblicitari contestata alla Sipra, oggi Rai Pubblicità, dalla procura di Torino. Tome sl, spagnola, e Tome advertising group srl, italiana, le intermediarie che dal 2006 al 2011 hanno messo in atto il “giochetto” da 110 milioni di evasione dell’Iva, sono riconducibili, secondo una sentenza di Milano, all’ex senatore di Forza Italia ed ex presidente di Publitalia che nel carcere di Parma sta scontando una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. E a Giuseppe Donaldo Nicosia, l’imprenditore pubblicitario socio di Dell’Utri, latitante dal 2014, amministratore di Tome group e uno dei personaggi di punta nel cast dei Panama Papers.
Il pm milanese Sergio Spadaro ha contestato al senatore forzista e altri 8 indagati una «frode fiscale» orchestrata attorno alla vendita degli spazi tv venduti dai concessionari Publitalia 80 e Rti per le reti Mediaset, e da Sipra spa per le reti Rai, che avrebbe sottratto all’erario almeno 62 milioni di euro finiti su conti esteri di Nicosia. Ma non ha indagato Sipra spa né i suoi amministratori, «ritenendo che la frode fosse stata orchestrata all’insaputa della concessionaria della tv pubblica, e poiché gli spazi pubblicitari venduti sono risultati reali, cioè davvero andati in onda» spiega l’avvocato Roberto Macchia che nel fascicolo torinese difende Maurizio Braccialarghe, ex amministratore delegato della concessionaria Rai. È diversa, infatti, l’impostazione scelta dal pm Ciro Santoriello della procura di Torino: undici persone, tra cui i manager che si sono susseguiti nei sei anni al vertice della società concessionaria degli spazi pubblicitari delle reti della tv pubblica, sono state iscritte nel registro degli indagati. E l’8 febbraio sono state perquisite le loro abitazioni e i loro uffici.
I finanzieri torinesi del Nucleo di polizia tributaria hanno infatti scoperto che Sipra non ha smesso nel 2011, col fallimento delle società coinvolte, ma ha continuato fino al 2016 a «emettere fatture per operazioni soggettivamente inesistenti» attraverso l’utilizzo di altre società, la Hi Acquisition Limited (inglese), la New Millennium Market (spagnola), e la Best Option Media (spagnola). Il sospetto è che questi nuovi intermediari siano riconducibili sempre alle stesse persone che avevano agito secondo il meccanismo della “frode carosello”: Sipra vendeva spazi tv alla società spagnola che operava in regime di esenzione di Iva in forza del regime di acquisti intracomunitari, cioè la Tome Advertising sl di cui Nicosia era socio-amministratore e di cui Dell’Utri è risultato «dal 2000 al 2012 socio di fatto e figura di riferimento per clienti e concessionari»; poi una società «cartiera» italiana, la Ics srl, acquistava questi spazi pubblicitari dalla spagnola Tome, pagando un prezzo che non incorporava l’Iva sempre in forza del regime degli acquisti intracomunitari; infine due società italiane della Tome acquistavano (per venderli ai clienti finali) gli spazi pubblicitari dalla Ics srl, versando un corrispettivo comprensivo di Iva in base alla normativa nazionale e dichiarando un correlativo credito Iva. Roberto Sergio, presidente del cda Sipra assistito da Giuseppe Zanalda, è stato interrogato e ha negato qualunque coinvolgimento nella frode.
Ottavia Giustetti
fonte: La Repubblica del 10/03/2017