Cadono le accuse per le Rsa Chiabrera e D’Azeglio. In Piemonte la pandemia ha fatto…
Einaudi assolto per la bancarotta
TORINO Assoluzione per la bancarotta e condanna a due anni (con la sospensione della pena) e 3 milioni e mezzo per il reato di falso in bilancio: Giulio Einaudi ce l’ ha fatta. E’ stato dimostrato che non sono un bancarottiere ha commentato l’ editore subito dopo la sentenza pronunciata ieri mattina, nell’ aula della quinta sezione penale dove si è concluso il processo. La sentenza per il crack di 70 miliardi con uno scambio fra la casa editrice e la Libreria Internazionale Milanese di fatture false per 13 miliardi ha smontato le accuse del pubblico ministero Ugo De Crescienzo che aveva chiesto una condanna a cinque anni. Un anno e due mesi sono stati inflitti all’ ex direttore generale, Filippo Santoni De Sio che dovrà pagare 2 milioni di multa; 10 mesi e 1 milione e mezzo di multa sono stati comminati a Osvaldo Paglietti, ex direttore amministrativo. Assoluzione per non aver commesso il fatto per Aldo Aldovrandi, cognato di Einaudi ed amministratore della Lim e per l’ impiegato Pierluigi Ieri, imputati di concorso in falso di bilancio. Dopo la paura e la suspense, quando il presidente Romano Pettenati ha finito di leggere la sentenza, ecco ritornare sui volti degli imputati il sorriso. E Giulio Einaudi aveva gli occhi rossi, quando i giudici hanno lasciato l’ aula e lui ha potuto rialzarsi, complimentato dai co-imputati e dagli avvocati del collegio di difesa. Scrivete che sono stato assolto ha detto ai giornalisti assolto dall’ accusa più infamante, quella della bancarotta, io che per mezzo secolo ho lavorato per la mia casa editrice senza arricchirmi. Una breve pausa per calmare l’ emozione, cercare un po’ di aria nella piccola aula, senza pubblico e ancora: Io non ho mai speculato, non ho mai guadagnato più del dovuto, anzi ci ho rimesso tutto. Einaudi ha parole di ringraziamento per i suoi avvocati. Definisce diabolica l’ arringa dell’ avvocato Zanalda, il più giovane dei tre legali di fiducia, scientifica aggiunge abbracciandolo. E anche l’ avvocato è commosso. Oggi non posso, non ho tempo, devo andare a Milano, poi chissà, devo lavorare, adesso risponde a chi vuole un colloquio meno pubblico. I programmi futuri Come si esce da un’ esperienza del genere? Sollevato dice, stringendo altre mani. I programmi futuri? Giulio Einaudi s’ illumina nel suo vestito fumo di Londra. E nonostante nella sentenza sia stata dichiarata per lui, per Santoni De Sio e per Paglietti la loro inabilitazione all’ esercizio di imprese commerciali e l’ incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni (pena peraltro condonata) Einaudi annuncia: Riprendo il mio lavoro come ho sempre fatto. Farò il consulente spiega per la nuova casa editrice che però, guarda caso, si chiama come la vecchia: Giulio Einaudi Spa. Vogliono la mia persona per garantirsi il futuro, un futuro di tradizione intelligente e attenta. Mi auguro soltanto che il gruppo di consulenti lavori come ha fatto Giulio Bollati in questi ultimi tre anni. E’ stato un lavoro in cui Bollati ha profuso amore, lo stesso che avrei dato io se fossi stato al posto suo. Giulio Einaudi se ne va. Non vuole fare polemica nei confronti della parte civile rappresentata dall’ ex commissario straordinario Giuseppe Rossotto. La vertenza quasi privata fra Einaudi e Rossotto (per via anche della non simpatia reciproca in questi anni burrascosi della Casa dello Struzzo) sarà regolata, come dice la sentenza, in separato giudizio civile. Soddisfatti gli imputati e raggianti gli avvocati difensori che hanno allontanato una condanna pesante dai loro assistiti, quella della partecipazione in bancarotta per distrazione. E’ stata una sentenza equa osserva l’ avvocato Gianaria che ha riconosciuto la buona fede degli imputati; una sentenza secondo giustizia. I presupposti perché il dissesto finanziario della casa editrice di via Biancamano si trasformasse in una debacle giudiziaria ed umana per gli accusati c’ erano tutti. Qui non si processa una casa editrice aveva detto nella requisitoria il pubblico ministero dobbiamo fare esclusivamente un’ analisi aziendale per un buco di oltre 70 miliardi. Il pm aveva ricordato che la politica degli struzzi era cominciata nel ‘ 76 ed era finita nell’ 83, con il commissariamento della Einaudi. Le richieste (in funzione dei reati di bancarotta e falso in bilancio) erano state severe: cinque anni per Einaudi, Santoni De Sio e Paglietti; tre anni e sei mesi per Aldovrandi e Ieri. L’ editore, nella sua difesa durata una ventina di minuti, aveva ridimensionato le accuse parlando di aggiustamenti, di conti ragionieristici sbagliati. Nient’ altro. E gli utili che si erano simulati, laddove esistevano voragini economiche e strutturali, come aveva affermato il pm?. Sono stati errori aveva risposto Einaudi compiuti nel tentativo disperato di aggiustare una situazione finanziaria assai difficile. I giudici hanno creduto a lui. Einaudi ha riconosciuto che era stato fatto qualcosa di illegale. E poi per l’ editore è caduta l’ accusa di bancarotta perché il fatto non costituisce reato. Sul falso in bilancio è stato ritenuto, invece, colpevole. Gli aggiustamenti da ragioniere fatti contro la legge, per i giudici, ci sono stati. Pubblico ministero scuro in volto E’ andata bene aggiunge Einaudi l’ importante è riprendere a lavorare: i nuovi hanno bisogno di me. Ho molti impegni. Arrivederci. Scuro in volto, invece, il pubblico ministero che ha lasciato l’ aula senza fare alcun commento. Rabbuiato per la sentenza, il dottor De Crescienzo non ha voluto dire se interporrà appello. Il capitolo-Einaudi, comunque, non finisce qui. Ci sarà una nuova battaglia processuale davanti al tribunale civile e l’ editore si ritroverà di fronte l’ ex commissario Rossotto che nella sua deposizione, rievocando la gestione Einaudi, non era stato tenero.
di Roberto Patruno