Cadono le accuse per le Rsa Chiabrera e D’Azeglio. In Piemonte la pandemia ha fatto…
«Il manager Fiat fu concusso»
Il caso del depuratore di Ciriè. Accolta la tesi della difesa: «Costretto a pagare dai politici»
Pomodoro (Fisia) è stato assolto dal tribunale
TORINO. ll tribunale ha assolto ieri dall’accusa di corruzione Pietro Pomodoro, amministratore delegato della Fisia (Fiatimpresit sistemi ambientali), finito sul banco degli imputati con il socialista Pier Giovanni Trogolo per una mazzetta da 10 milioni pagata, secondo l’accusa, in cambio della gestione· del depuratore di Ciriè. Per il pubblico ministero Vittorio Corsi, la Fisia avrebbe consegnato il denaro a Trogolo (che era presidente del Consorzio intercomunale per la depurazione delle acque) per garantirsi un contratto da circa 400 milioni, stipulato con trattativa privata. . Le indagini erano partite nel ’93: Pomodoro ammise di aver sborsato 20 milioni per «sbloccare » i lavori di realizzazione del depuratore, e Trogolo confessò di averne ricevuti 10. Nel ‘94 si celebrò sulla vicenda un primo processo, che riguardò però soltanto la somma ammessa da entrambi gli imputati. Trogolo patteggiò una condanna, mentre Pomodoro f u assolto dall’accusa di corruzione: per il tribunale, fu vittima di concussione. Le indagini furono successivamente riaperte. Sulla base di nuovi elementi, la pubblica accusa contestò gli altri dieci milioni inizialmente ammessi da Pomodoro. Alcuni testi raccontarono di incontri «informali », al bar «Biffi» o al ristorante tra il politico socialista ed esponenti della Fisia, in relazione ai quali il pm ritenne che il contesto in cui avvenne il passaggio di denaro fosse più corruttivo-collusivo che concussivo. Lo scorso settembre, cosi, si è aperto un nuovo processo. L’accusa ha puntato a dimostrare la corruzione: Trogolo avrebbe ottenuto sostegno economico in cambio dell’affidamento diretto dell’impianto alla Fisia. Ieri è arrivata la sentenza. Pomodoro e Trogolo sono stati assolti perché «il fatto non sussiste». Trogolo, perché aveva già patteggiato, ed è stato accolto il principio del «me bis in idem» (non si può essere giudicati più volte per lo stesso episodio). Il tribunale ha invece nuovamente ritenuto Pomodoro (il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a l anno e 4 mesi di carcere) vittima di concussione, ribadendo l’impostazione del precedente collegio giudicante (ieri il presidente era Sandra Casacci, nel primo processo fu Giangiulio Ambrosini) e accogliendo la tesi dei difensori. Gli avvocati Vittorio Chiusano e Giuseppe Zanalda hanno convinto i giudici che «il manager fu vittima, e non autore di un reato. Fu costretto a pagare dai politici». [r. c.]
fonte: La Stampa 18 giugno 1996